sabato 11 giugno 2011

Intervista ad una mamma


Ciao a tutti,
vi propongo in questo post un’intervista ad una mamma detenuta alla Giudecca che ha quattro figli. In questa testimonianza si può vedere la disperazione della madre separata dai propri figli e il senso di colpa che posta con sé…
(la testimonianza e tratta del sito www.ristretti.it)

“Che posso dire del rapporto con i miei figli? Che al momento sono “perduti”, ma dico al momento perché tornerò e li ritroverò.”
Che cosa mi sta succedendo, da quando sono in carcere? Nella mia mente, che
ora non riceve nessuno stimolo-distrazione esterna, continuano ad affollarsi un’infinità di ricordi, e spesso mi tormento con i sensi di colpa, io mi do sempre la colpa. Lo trovo strano, perché fuori non mi soffermavo molto sul passato ma ero presa dal presente e proiettata nel futuro, anche se gli ultimi anni sono stati parecchio difficili, perché dovevo vivere con “la spada di Damocle”, ovvero, c’era sempre in agguato il rischio del mio rientro in carcere, che poi da rischio è diventato realtà.
Luca l’ho lasciato con 4 denti e non camminava ancora, ora parla. Al telefono ride e dice ciao, a tutti i bambini piace giocare con il telefono e sentire chi parla, sento la voce di mia madre che lo invita a dire “ciao mamma”, ma lui dice solo ciao: del resto, come può chiamarmi mamma se non sa chi sono, e la sua mamma ora è la nonna? Matteo invece non mi vuole neppure salutare, è offeso, si sente ingannato. Quando mi hanno portata via a lui che piangeva disperato in braccio alla nonna gli ho detto che tornavo presto. Le prime volte che lo sentivo al telefono piangeva e mi diceva: “Vieni tu”; anche un mese fa all’ultimo colloquio è stata la prima cosa che mi ha chiesto: “Vieni a casa?”
gli ho detto che “la mamma deve stare ancora un poco qui, ma poi viene a casa, presto”. Non mi ha detto niente ma nei suoi occhi ho letto la delusione, ha 3 anni. Piangendo rivedo Lara quando 9 anni fa al primo colloquio dopo 3 mesi che non la vedevo mi ha detto: “Resto con te”! “Non puoi”… “Perché?”. .. e non potevo più risponderle, due agenti mi stavano portando via. Anche lei non aveva ancora tre anni e io so che qualcosa le si è spezzato dentro: lei mi vuole bene, ma nello stesso tempo mi respinge, ha sofferto troppo, si difende. Andrea, il mio bambinone, sempre allegro ma anche tanto fragile. Quando mi hanno arrestato, in caserma l’ho allattato l’ultima volta, lui si era addormentato e quando si è risvegliato io non c’ero più. Io vivevo in simbiosi con i primi due, per imiei genitori i primi mesi sono stati drammatici. Li vedevo poco, sono lontani, il viaggio è stressante per tutti, ci sentiamo al telefono e quando chiedo “Cosa fate? raccontami qualcosa”, mi
rispondono “Il solito”. Già, il solito… Che posso dire del rapporto con i miei figli? Che al momento sono “perduti”, ma dico al momento perché tornerò e li ritroverò”.

Giuliana adesso è fuori, in famiglia: lei è una delle poche che, finora, hanno usufruito della nuova legge sulle detenute madri.
Quelle che seguono sono le sue prime impressioni di un ritorno, non facilissimo, a casa.

“Sono tornata e li ho ritrovati Andrea era così emozionato che piangeva, quanto mi ha aspettato, quante volte le sue speranze sono state frustrate… Matteo non riusciva a parlare, Luca, quello che temevo non mi riconoscesse più, è stato subito affettuoso. Lara mi osservava. “Siete contenti che la mamma è qui? Sono tornata, resto, non vado più via!”. “Penso di sì”. La risposta di Lara. Poi si sono scatenati: ognuno di loro mi faceva vedere le proprie cose per rendermi partecipe della sua vita, contemporaneamente (naturalmente!)… un’esplosione di energia. Ed io stavo arrivando da diciotto
mesi di vita statica, semi isolata. Un forte impatto emotivo, e un forte impatto nelle dinamiche famigliari: tre donne (mia madre, mia sorella, io), quattro bambini, possono nascere
incomprensioni, crearsi tensioni. In carcere ci si trova in una sospensione temporale, si è rinchiusi, i ritmi di vita sempre uguali, senza novità, sono subiti, agli arresti domiciliari invece sei rinchiuso in casa tua. Sono in famiglia, ci sono stati alcuni momenti in cui mi sono sentita demoralizzata, insicura, spersa. Vai dentro ed è uno shock, esci ed è un altro shock. Ma è normale che in famiglia possano esserci dei problemi, nulla comunque che non si possa risolvere con un dialogo franco. La nonna e la zia Lilli sono felicissime del mio ritorno, io sono grata a loro, se ho ritrovato subito i miei figli è perché hanno coltivato con loro il mio ricordo e hanno atteso il mio ritorno. Ora i miei famigliari sono in vacanza, al mare. Io sono sola a casa e mi “riassesto”, sto in casa, non posso avere visite, non posso gestire il telefono. Ho l’obbligo di mantenere i contatti con i servizi sociali, mi guardo intorno, scopro che qui per fortuna c’è un’ampia offerta di servizi e di proposte di
formazione professionale. Qualche settimana per me nelle due ore in cui posso uscire, due ore di libertà, vado in bicicletta in mezzo al verde. Un mese che sono fuori dal carcere, è volato! Sono agli arresti domiciliari, sto scontando una pena in una forma alternativa alla detenzione che, anche se sono a casa, è una limitazione della libertà, ma certo non è paragonabile a quella del carcere: basta pensare che ora vedo, tocco, ascolto i miei figli. “
Giuliana Fonte

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